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 Pantheon Indł

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MessaggioTitolo: Pantheon Indł   Pantheon Indł Icon_minitimeLun Gen 28, 2008 1:34 am

INDUISMO

Religione tradizionale dell'India, praticata da oltre 700 milioni di fedeli. Il termine italiano "induismo", connesso con il nome dell'India, trova il suo antecedente etimologico nella parola persiana hindu, che veniva utilizzata per indicare il fiume noto anche in Occidente come Indo. Gią dal V secolo a.C. il termine "indł" indicava per estensione gli abitanti della terra dell'Indo, e quindi dell'intero subcontinente indiano; in seguito, per l'Islam la parola acquisģ una connotazione religiosa, in riferimento agli abitanti non musulmani di quelle terre; in questo senso l'italiano definisce "indł" i seguaci della religione pił antica dell'India, presentati invece dalla tradizione locale come "coloro che credono nei Veda" o come "coloro che seguono la legge (dharma), accettano la divisione della societą in caste (varna) e vivono le quattro fasi (ashrama) della vita umana".
Con il termine "induismo" si indica convenzionalmente l'intera esperienza religiosa degli indiani nel suo svolgimento storico fin dalle origini, fissate approssimativamente intorno al 1500 a.C.; l'accezione scientifica del termine, tuttavia, denota come "induismo" soltanto la religione che, praticata dal VI secolo a.C., costituisce l'evoluzione di due fasi anteriori dette rispettivamente "vedismo" (dalle origini all'800 ca. a.C.), dal nome dei libri sacri, i Veda, e "brahmanesimo", dal nome degli appartenenti alla casta sacerdotale, i brahmani. Gli indł preferiscono definire l'insieme delle proprie credenze sanatana-dharma, ossia dharma eterno.



GLI DEI E IL CULTO In questa prospettiva i fedeli rivolgono la loro devozione preferibilmente a una delle divinitą principali del pantheon indiano, a Shiva, a Vishnu o alla dea madre, la Devi, considerando ciascuna di esse come manifestazione dell'assoluto universale, personificato anche nella divinitą creatrice, Brahma, il regolatore della legge del karma.
Shiva Contemplando l'estasi erotica della sua seconda sposa, Sarasvati, talvolta indicata anche come sua figlia, Brahma si sarebbe ritrovato con cinque teste, prima che Shiva gliene mozzasse una per punirlo del rapporto incestuoso con la figlia: i devoti di una delle tante correnti shivaite usano ancora come ornamento un teschio, come Shiva fu costretto a fare dopo il suo gesto cruento, fino al giorno in cui si sarebbe purificato dal sangue del padre immergendosi nelle acque del Gange nel luogo dove oggi sorge la cittą sacra di Benares.
Shiva assume cosģ a livello cosmologico il ruolo di distruttore e, nello stesso tempo, rigeneratore del mondo, colui che dispensa la morte, ma anche la vita; nei templi a lui dedicati, la sua forza creatrice viene rappresentata sotto forma di fallo, linga, il principio maschile che, unendosi al principio femminile, yoni, determina la creazione primordiale concepita come annullamento di ogni dualismo nelle forme dell'assoluto universale.
Le quattro fasi della vita Secondo la tradizione, Shiva fu condannato ad assumere un aspetto fallico poiché, pur trovandosi al cospetto del saggio Bhrgu, non interruppe la sua unione sessuale con Parvati, uno degli aspetti con i quali si manifesta la dea madre; questa natura cosģ esplicitamente sensuale del dio non impedisce comunque che egli eserciti la funzione di divinitą principale degli asceti, che lo raffigurano come un saggio dedito all'esercizio dello yoga. Una delle pratiche pił tipiche proposte dalla tradizione indiana per armonizzare le esigenze della vita attiva con l'ideale della rinuncia č la prescrizione delle quattro fasi della vita (ashrama): a queste dovrebbe conformarsi il brahmano devoto, osservando un regime di castitą assoluta durante il periodo di formazione giovanile, prima di compiere i suoi doveri di padre di famiglia fino alle soglie della vecchiaia, quando si ritirerą nella foresta alla ricerca della liberazione, per raggiungere, nell'ultima tappa del cammino, una condizione simile a quella dei sannyasin, gli asceti della rinuncia assoluta.
Vishnu Al dio Vishnu viene invece attribuito il ruolo di conservatore del mondo, che egli esercita manifestandosi in determinati momenti della storia del cosmo attraverso un'incarnazione, avatara, per riportare l'ordine fra gli uomini, minacciati da una condizione di instabilitą. Settimo avatara di Vishnu č l'eroe Rama, che incarna la figura dell'uomo perfetto celebrata dai versi del Ramayana. Nel 3102 a.C., all'inizio del ciclo cosmico attuale, il Kali Yuga segnato dalla decadenza, si sarebbe invece conclusa l'esistenza dell'ultimo degli avatara, l'eroe supremo Krishna. Nella Bhagavad-Gita, Krishna appare sotto le sembianze di un divino cocchiere per rivelare la dottrina dell'assenza del desiderio e del distacco dal frutto dell'azione come via efficace per ottenere la salvezza, garantendo contemporaneamente la sopravvivenza dell'universo. Al termine di questa era cosmica Vishnu tornerą a manifestarsi agli uomini come figura escatologica che riporterą nel cosmo l'epoca della felicitą e del trionfo del dharma.
La Devi Lakshmi č il nome che la dea madre Devi assume come consorte di Vishnu e dea della buona sorte, Shri, della ricchezza e della bellezza, oltre che madre di Kama, il dio dell'amore; a lei č consacrata la vacca, animale considerato sacro e meritevole di venerazione. Alla divinitą femminile si indirizzano principalmente le pratiche delle correnti devozionali che riconoscono in lei il principio assoluto, in considerazione del suo ruolo di detentrice della shakti, l'energia creativa scatenata dagli esseri divini come condizione indispensabile per rendere manifesta la loro natura trascendente: in questa prospettiva la presenza della dea come sposa delle divinitą maschili appare lo strumento fondamentale per conciliare il carattere di trascendenza dell'essere divino con le sue funzioni immanenti e terrene. Anche come sposa di Shiva la Devi tende ad assumere il carattere di divinitą principale nei suoi aspetti benevoli di garante della fertilitą e simbolo della fedeltą coniugale (la sati), ovvero "moglie virtuosa", che, gettandosi fra le fiamme per difendere di fronte al padre l'onore calpestato del marito, diverrą il personaggio ispiratore del costume, oggi ufficialmente abbandonato, di immolare le vedove sul rogo funebre del marito. Nelle sue manifestazioni pił inquietanti, la dea č temuta e venerata con l'epiteto di Kali, essere mostruoso dalle otto braccia, energia distruttiva e signora del tempo, custode della legge inesorabile del karma, che divora tutto ciņ che č vivo per gettare il seme della nuova esistenza, danzando freneticamente sui corpi dei nemici uccisi, fiera della sua collana di teschi.
Le pratiche devozionali e i luoghi sacri A Kali č consacrata, fin nel nome, la cittą di Calcutta, dove sorge il pił grande dei numerosissimi templi a lei dedicati, il Kalighat, sede del rito del sacrificio animale, che prevede di norma l'immolazione di capre. Il culto della dea rappresenta in effetti l'unico ambito in cui l'induismo tradizionale mantiene la pratica antica del sacrificio cruento come forma di offerta votiva (puja) alla divinitą; č questo il pił importante fra i rituali della devozione indł, celebrato ormai da tempo sotto forma di offerta simbolica di cibo (orzo, riso, latte, burro fuso) all'immagine degli dei nelle migliaia di templi grandi e piccoli dedicati in tutta l'India a Vishnu, a Shiva e agli altri esseri divini. Particolarmente venerati, fra i luoghi sacri, sono i grandi edifici di culto, come quelli di Mahabalipuram, e la cittą sacra di Benares (oggi Varanasi), sul Gange, dove convergono pellegrini da tutta l'India. Oltre che nei pellegrinaggi, la devozione dei fedeli si esprime nei numerosi rituali previsti nelle festivitą solenni, da quella in onore di Durga (un altro aspetto della dea madre Devi), che si celebra ogni anno nel Bengala con la venerazione, per dieci giorni, delle immagini della dea, poi gettate nel Gange durante una suggestiva cerimonia notturna, ai Mela, momento di incontro fra i devoti e gli asceti, venerati come santi. La festivitą pił solenne č il Maha Kumbha Mela, la "festa della brocca" (la brocca simboleggia la funzione generativa della dea madre) celebrata ogni dodici anni ad Allahabad nel punto di confluenza fra il Gange e lo Yamuna. La ricorrenza primaverile, Holi, costituisce invece una sorta di carnevale indiano, caratterizzato significativamente dalla rottura temporanea dei legami sociali con l'incontro di membri delle diverse caste che, liberi da ogni condizionamento, manifestano la loro felicitą inondandosi reciprocamente con cascate di liquidi multicolori.
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